Uno più uno, se facesse duale

Milena Nicolini

Uno più uno se facesse duale

Nel costante accompagnamento di Clarice Lispector, grande stellaguida, ancora i temi ricorrenti della morte, di dio, delle insanabili domande esistenziali,  per cui la silloge chiude idealmente un percorso di riflessione iniziato con i miei stanno bene, grazie e continuato con Tre porte ad un padre. Ma con l’aggiunta, qui, del tema dell’io, quella dimensione dell’io che può solo restare incomunicabile, irrimediabilmente separata, muta.

Tipologia: Poesia - Anno: 20 -Numero di pagine: 96 - formato: 15X21 - Prezzo: €. 12,00 - ISBN: 9788885451285

Una recensione “Uno più uno, se facesse duale

  • Quaderni di Arenaria XXI maggio 2020
    2 anni ago

    MILENA NICOLINI, uno più uno, se facesse duale, Rossopietra Edizioni
    Preceduta da due sillogi poetiche (“i miei stanno bene, grazie” del 2007 e “Tre porte ad un padre” del 2011), questa raccolta di Milena Nicolini «chiude idealmente un percorso di riflessione», come si legge nel risvolto di copertina. Quasi una trilogia. Pagine aperte a temi esistenziali, alle grandi domande che assillano l’essere umano fin da quando s’è trovato a far uso di ragione e a chiedersi il perché delle cose. Con il «costanteaccompagnamento» (si legge ancora nel risvolto) della grande Clarice Lispector, considerata dall’autrice “stellaguida”, il cui mondo ha saputo far proprio, personalizzandolo, facendolo confluire, fondere, nella dimensione del proprio io, a confronto con quanto, nella gestione del quotidiano, possa in tale dimensione rispecchiarsi o interagire con essa o contrastarla. Poesia, dunque, maturata nel pólemos perenne tra ‘intus’ ed ‘extra’, tra ‘qui’ e ‘altrove’.
    Scrive la poetessa nella lirica che apre la raccolta: Ho passato la vita al centro del cerchio /io qui ora. / Senza niente che sapesse del qui dell’ora / dell’io. / Fuori dai confini / il mondo fuori. (p.7) E più oltre: sei corpo dentro l’aria, il mondo. (p. 18). Ma è da questa circoscritta condizione, da quel “centro” (e da quel “dentro”) che prende le mosse la ricerca della poetessa,che scaturisce l’impulso a travalicarne i confini per muovere verso quella che è anzitutto una ricerca di senso. E con essa, dell’identità, in sua sostanziale fluenza, poiché – dice l’autrice – «l’identità è mobile» (p. 16); la stasi – il consistere ‘dentro’ – la conculcherebbe. Una proiezione verso il reale circostante, nella sua globalità e complessità. Alla ricerca della bellezza, di cui è accepita tutta la fascinazione ma anche la fatica. Così nella lirica che si intitola “Voglio impossessarmi dell’io e della cosa”: ho avuto la luna addosso tutta la notte / e adesso mi annega di rosa il mattino // suo respiro nel mondo / io fatico la bellezza. (p. 15) Alla ricerca, ancora, delle possibili connessioni, poiché: più della quantità contano i legami / tra i saperi: / nonda nuovi studi le mie scoperte entusiasmanti / piuttosto da reti tra cose già assimilate / dall’uso magari dal disuso. (p. 22)
    Ricerca, insomma, di quanto possa esserci, per noi, di ausilio nel comprendere una realtà che, a dispetto di tutte le concretezze, si sfrangia sotto gli occhi, nella «impermanenza di tutto», nella «casualità degli universi», con lo sgomento che può derivarne: «mi fa paura», nota la poetessa: «la complessità / non mi salva». (cfr. p. 28, passim).
    E come la seconda silloge della cennata (virtuale) trilogia si riferisce, già in titolo, alla figura paterna, in questa troviamo testi dedicati alla figura materna, con qualche altra presenza parentale. Sono ricordi d’infanzia e in particolare riferimenti alle cure prestate alla madre anziana, come nella magnifica lirica “La tenerezza nell’inermità” (cfr. pp. 52-53), che reca in
    incipit questo splendido verso: senza figli, mamma, diventare madre: un testo di rattenuta commozione, di intensa partecipazione nel rapporto madre-figlia/figlia-madre, fino a una “beatitudine nella disperazione”, come nella lirica così titolata (p. 50), densa di umori, di contrastanti sensazioni, di ossimorici sentimenti, il cui punto-luce resta il verso iniziale: grazie per aver bisogno di me. (ib.) La figura materna e l’intensa significazione che assume la maternità sono presenti anche in liriche dedicate a persone vicine: “a Veronica” (pp. 54-55) per la morte della madre, “a Bice, madre di amiche” (p.55), “a Raffaella, che non ha più la sua mamma” (p.58).
    Si dilata, percorrendo il libro, il ventaglio tematico, con incisività mai declinanti: l’amicizia, la poesia, dio (cui è negata la maiuscola, in un rapporto difficile, serrato, ma non eluso, anzi costante), il rapporto tra l’io e gli altri (e«l’altrodame»), la morte. Temi di rilevante impegno – in una poesia densa e concettuosa quanto essenziale e comunicabile, accattivante – sui qualidobbiamo a malincuore sorvolare, per esigenze di spazio. Un mondo, un universo, nella sua compiutezza. O incompiutezza, poiché tutto si compie e tutto resta parimenti incompiuto, in continua dinamica. Non è riportata a caso, a chiusura di libro, questa considerazione della Lispector: «Tutto finisce ma ciò che ti scrivo va avanti. Il meglio non è stato ancora scritto. Il meglio si trova tra le righe.» (p. 118) (red.) Quaderni di Arenaria XXI maggio 2020

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